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Tribunale spagnolo condanna El Mundo a rettificare notizie diffamatorie ai danni dei Testimoni di Geova

COMUNICATI

I Comunicati Stampa del Centro Studi LIREC

Tribunale spagnolo condanna El Mundo a rettificare notizie diffamatorie ai danni dei Testimoni di Geova

Raffaella Di Marzio

Uno degli obiettivi più importanti del nostro Centro Studi è quello di diffondere rapporti basati sulle segnalazioni che riceviamo da numerose minoranze religiose e spirituali che evidenziano come l'esercizio della libertà di religione e di credo può essere limitato o impedito dal degrado dell'informazione, che è all'origine di pregiudizi, stigmatizzazioni e panici morali.

Tra questi gruppi uno dei più bersagliati è la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, una confessione religiosa che, purtroppo, è stata recentemente vittima di atti di violenza gravissimi tra i quali quelli ad Amburgo in Italia e in Kerala.

Molto spesso le informazioni false diffuse dai media si fondano sulle notizie provenienti da gruppi antisette. Ed è proprio questo il caso del giornale El Mundo che ha perso una causa ed è stato condannato dal tribunale a pubblicare la rettifica chiesta dai Testimoni di Geova.

RICOSTRUZIONE DEI FATTI E COMMENTO ALLA SENTENZA

1. Una breve ricostruzione dei fatti che hanno portato all’azione civile

Il 22 novembre 2022 il giornale spagnolo “El Mundo” pubblicava un articolo riportando le dichiarazioni rese dall' “Associazione delle Vittime dei Testimoni di Geova” riferite a testimonianze di ex membri dei testimoni di Geova.

Fra le altre, queste dichiarazioni etichettavano la confessione dei testimoni di Geova come una “setta” o “setta distruttiva” che compie pratiche settarie che causano la “morte sociale” a coloro che la lasciano, che “costringe” i propri membri a non denunciare i reati, che aliena i suoi membri “incoraggiandoli al suicidio fisico e morale” e che copre gli abusi sessuali perpetrati su minori.

Il locale ente confessionale spagnolo si rivolgeva all’autorità giudiziaria lamentando la falsità del contenuto dell'articolo, che quanto riportato non era stato provato e documentato e che la testata giornalistica non aveva contattato l’ente per avere la conferma della veridicità di certe asserzioni. Nonostante l’ente avesse chiesto una rettifica delle inesattezze contenute nell’articolo, il giornale si era rifiutato di farlo. L’azione legale intrapresa era pertanto tesa ad ottenere in sede giudiziaria un ordine di rettifica del contenuto dell’articolo visti i danni alla reputazione e immagine subita.

Da parte sua il giornale si era difeso sostenendo che si era limitato semplicemente a riportare dei fatti, ossia le testimonianze di terzi, senza esprimere opinioni, e che quindi non sussisteva il diritto di richiedere una rettifica. Il giornale aggiungeva che si era limitato a pubblicare le testimonianze riportandole tra virgolette.

Il procedimento legale che si apriva, affrontava pertanto il delicato tema della ponderazione fra il diritto alla rettifica di informazioni errate in danno alla reputazione di un soggetto e l’esercizio del diritto di informazione e espressione.

2. Una sintesi della sentenza, con relative motivazioni, riportando le parti della rettifica che sono state approvate e che il giornale è obbligato a pubblicare.

Nella sentenza viene anzitutto chiarito che la testata giornalistica che diffonde un articolo è responsabile del suo contenuto, a prescindere, non potendo esimersi da tale responsabilità sostenendo che si è semplicemente limitata a riportare quanto detto da altri. Sul punto la sentenza precisa che ammettere il contrario significherebbe legittimare qualsiasi tipo di pubblicazione basata su fatti indiscutibilmente falsi o non veritieri, semplicemente perché è una terza parte a sostenere questa visione errata dei fatti.

La sentenza procede poi a un esame attento sia dell’esattezza delle dichiarazioni contenute nell’articolo che al loro carattere di offensività:

- Viene escluso che l’appellativo “setta” che pratica azioni distruttive in danno alla persona (malattie mentali, incoraggiamento al suicidio) possa essere attribuito alla confessione dei testimoni di Geova visto il riconoscimento legale che in Spagna è stato dato alla confessione religiosa

- Riguardo alla copertura di presunti casi di abusi sessuali sui minori, i racconti sono reputati imprecisi. Viene poi ritenuta erronea la generalizzazione secondo cui la responsabilità di certe condotte, commesse eventualmente dai singoli, sarebbe dell’ente.

- Inesatta e offensiva è dichiarata anche l’affermazione secondo cui vi sarebbe una coercizione sui membri a praticare meccanismi di “morte sociale” nei confronti di chi decide di lasciare la confessione.

- Infine, è dichiarata come infondata e dannosa per il prestigio dell’ente l’affermazione secondo cui gli anziani (i ministri di culto) sarebbero una classe di pedofili

Alla luce di queste valutazioni circa il carattere offensivo e dannoso per la reputazione dell’ente, il giudice ha ordinato al giornale di pubblicare la rettifica.

Il giornale ha presentato appello alla decisione e non ha pubblicato la rettifica.